04 febbraio 2009

Lettera agli iscritti e agli amici del circolo di rifondazione Barona

Ciao,
vi scrivo perché credo sia opportuno e corretto mettervi a conoscenza delle mie scelte e delle motivazioni di esse.
Oggi lascio Rifondazione Comunista e naturalmente il ruolo di segretario del circolo Lenin Barona, dopo molti anni di militanza e di appartenenza, con una difficoltà che so potrete capire.

Rifondazione e il circolo sono stati per me una casa, quasi una famiglia, di sicuro una comunità, in cui ho speso la maggior parte delle mie energie e delle mie forze, condividendo un progetto, oltre che le idee e le battaglie.
Oggi, quella che era la mia casa è cambiata. E' cambiata talmente tanto da non essere più, ai miei occhi, riconoscibile. E' cambiato il progetto politico, ma soprattutto è cambiato il clima ed è cambiato il linguaggio che usa.

La pesantissima sconfitta elettorale dello scorso Aprile, ne abbiamo parlato spesso, poteva essere la cenere da cui ricostruire un grande progetto, quello di cambiare la nostra società, superando le divisioni, le incomprensioni, le identità che ci avevano relegato ai margini della cultura e dell'immaginario delle persone. Tra l'altro, una sconfitta che ha le radici lontane da quell'aprile, deriva da un processo storico lungo che ha visto la sconfitta del comunismo come una tappa fondamentale.

Inoltre, quello che è successo negli ultimi mesi, e mi riferisco alle battaglie della CGIL, ma soprattutto all'impetuoso movimento dell'ONDA, degli studenti, ma anche alle ultime manifestazioni contro lo sgombero di Conchetta, ci hanno parlato di un grande "bacino" di persone che condividono la necessità di cambiare questo paese. Tantissime donne e uomini che hanno affollato le strade e che hanno sempre, con forza e radicalità, rifiutato di farsi collocare in questi partiti della sinistra.

Credo che sia necessario ragionare in altri termini, rispetto al passato: le tradizionali forme partito non sono più credibili, efficaci e interessanti per il mondo che vive fuori da esse. Ma soprattutto chiudersi dentro ad identità precise e riferimenti e modelli culturali del passato sia un recinto troppo alto da superare per la stragrande maggioranza.
Rifondazione Comunista ha, in questo senso, fatto grandi passi indietro: negli ultimi mesi si è arroccata sull'identità di partito, ha, nel frattempo, accentuato il suo riferimento al partito tradizionale, con il suo centralismo e le sue logiche verticali, legittime ma, dal mio punto di vista, superate dalla storia. Dal punto di vista dei contenuti ha abbandonato, come spesso sottolineato dai suoi massimi dirigenti, alcune battaglie che ritenevo centrali: quelle dei diritti delle persone e della centralità della libertà, per far posto ad una campagna sul carovita dai contenuti discutibili e dall'approccio un po' populista.
Credo fortemente che mettere al centro la questione del conflitto di classe davanti alla questione dei diritti sia un arretramento ed un errore in una società fluida e cambiata come quella attuale.

La realtà ci parla forte e chiaro: la crisi economica è molto più profonda di quello che passa sui giornali e sui media attraverso cifre ritoccate, investe il tessuto sociale, mette in discussione i rapporti di forza a cui siamo abituati. Nella crisi, i proprietari e i benestanti, sono sempre più forti.
La crisi colpisce, da sempre, soprattutto i deboli. Nello stesso momento un'aria di cambiamento, anche se con evidenti limiti, proviene anche "dal cuore dell'impero": Obama e la sua vittoria lanciano un segnale di cambiamento possibile al mondo. In Italia invece è sempre più forte quella spinta populista e di destra che genera una cultura all'esclusione, all'omologazione. Razzismo, omofobia, società dello spettacolo, povertà, violenza, sono sempre più protagoniste del nostro paese. E Milano non si distingue: chiudono centri sociali, si militarizzano le strade in nome di una presunta sicurezza, si cementifica in nome di quello stesso profitto che ci ha sprofondato in questa crisi e in questa città sempre più ricca solo di solitudini ed emarginazioni.

Davanti a tutto questo non credo che la risposta che possiamo dare sia quella di chiuderci dentro ad un partito, tanto meno quella di farci forza con un modello di società unico ed univoco, rivendicando con forza la parola Comunismo e dimenticando la parola Rifondazione.
Credo che la risposta che dobbiamo dare sia una risposta più coraggiosa: il tentativo di unire la sinistra, fare un salto in avanti verso la costituzione di un solo grande soggetto che sia capace di fare cultura, di restituire rappresentanza a tutti e tutte noi, capace di aggregare persone e idee.

Per questo abbandono Rifondazione. Perché credo che la parabola importante e bellissima di Rifondazione Comunista sia finita. Si è chiusa un'era e dobbiamo capirlo. Metterò tutto me stesso nella costituzione di un Movimento per la Sinistra, un movimento che lavorerà alla costruzione di un soggetto politico unico ed unitario di Sinistra, capace di tenere dentro tutti, compresi i comunisti come me, capace di parlare a tutti, anche ai comunisti, capace soprattutto di unire la Sinistra e di restituirgli quella forza e dignità indispensabile per creare una società migliore e più giusta. Faccio i miei migliori auguri a coloro che hanno deciso o decideranno, legittimamente, di continuare la loro strada in Rifondazione, perché credo che saranno sempre i miei compagni di battaglie, i miei "vicini di barricata" e soprattutto perché so che saranno presto con me in un'unica grande casa della sinistra che io vado avanti a costruire.

Un abbraccio a tutti e a tutte. Grazie per quello che mi avete dato. Sapete dove trovarmi.

Luca Gibillini