01 novembre 2007

UN CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE

Alleghiamo questo interessante contributo alla discussione dulla sinistra che proviene da alcuni compagni di Rifondazione di Milano. Ne parleremo al circolo MARTEDI' 5 Novembre

Reputiamo Interessanti gli spunti offerti e condividiamo lo spirito di apertura al dibattito che rappresentano:


LA SINISTRA CHE VERRA’ VOGLIAMO FARLA INSIEME.

La crisi della sinistra di alternativa, e di Rifondazione in essa, è una realtà, l’idea stessa di sinistra rischia di essere cancellata dalla geografia politica.

E’ una crisi di carattere strategico e progettuale.

Spesso non siamo in grado di dare risposte alle nuove domande della società.

Siamo abituati a dar forza alle nostre idee con la mobilitazione di donne e uomini, la caduta della partecipazione ci rende afoni.

Camminare insieme e comprendere il problema, individuare ed agire le soluzioni sono rinnovate necessità.

L’esperienza di governo ha evidenziato l’inadeguatezza della sinistra di alternativa e sta creando scontento e disillusione e non producendo i risultati per cui abbiamo nutrito molte speranze. Il patto programmatico faticosamente raggiunto è continuamente disatteso. Forte è il distacco tra il governo ed il popolo della sinistra.

Riteniamo che ciò debba anche essere considerato frutto (e non causa) della debolezza della sinistra politica, sociale ed ambientalista e che sia fortemente determinato dalla passivizzazione e dal disincanto di massa che nominiamo come crisi della politica. Sostenere che le ragioni di questa crisi siano da imputare quasi esclusivamente all’esperienza di governo in corso e ritenere che la soluzione sia rintanarsi e lasciare il campo porta ancora una volta ad avere un’idea subalterna e governocentrica della nostra funzione politica e sociale.

In questa condizione il nostro essere nelle istituzioni manca della forza di riequilibrio che un’organizzazione politica e sociale efficace determinerebbe.

Non siamo in grado di produrre conflittualità positiva nei confronti delle scelte sbagliate del governo e nemmeno di portare tra i lavoratori ed i cittadini i frutti positivi del nostro impegno nel “palazzo”.

L’obiettivo può essere solo quello di ricostruire un protagonismo di massa politico e sociale.

Questione dirimente è pensare a “come”.

Negare o sottovalutare il problema, cercare scorciatoie identitarie, volontaristiche o neo-estremiste serve solo a determinare visioni sbagliate della realtà, prima di tutto per chi le pratica. Tali comportamenti incrementano la frattura esistente tra la sinistra tutta, e in primis Rifondazione, e una società che ha bisogno delle battaglie che potremmo condurre, ma che di fronte alla non concretezza dei progetti e alla precarizzazione delle esistenze non ha il tempo di perdersi in riflessioni velleitarie e poco concrete.

Lavoratori e studenti, pensionati e immigrati, precari, omosessuali, tutti dovrebbero poter incontrare proposte, progetti e lotte con obiettivi chiari e raggiungibili, pratiche di iniziativa politica partecipate e diffuse sul territorio.

Se la politica non è questo tutti dovranno lasciar perdere, non necessariamente solo per disprezzo dell’inconsistenza dimostrata, ma molto semplicemente perché riterranno più opportuno cercare altrimenti la soluzione dei problemi reali che quotidianamente affrontano. E la politica si ridurrà a pratiche da ceti ristretti.

Come militanti, donne e uomini, abbiamo un compito alto e difficilissimo, quello di essere tra i riedificatori della Sinistra nella nuova fase che si sta aprendo, ma stiamo affrontando questo compito senza riuscire a sviluppare un minimo livello di elaborazione collettiva e diffusa, di attivismo comunitario.

Per quanto riguarda il Partito sarebbe irresponsabile non tener presente la forte crisi che stiamo attraversando: di consenso, di credibilità, di rapporto di massa, di militanza, di proposta culturale. Nella profonda transizione in corso, la nostra comunità di militanti rischia di disperdersi, per sopravvivere solo a livello di micro-gruppi.

Ci manca la spinta motivazionale, l’analisi e l’elaborazione, quello che deve produrre una comunità politica come è stata e può continuare ad essere Rifondazione a Milano, per compiere lo sforzo di edificare un nuovo immaginario che ci permetta di avere la forza necessaria a riflettere ed agire collettivamente, per pensare e sperimentare alternative di società.

Abbiamo bisogno di un progetto ambizioso e coraggioso.

Per questo riteniamo che sia necessario e possibile aprire un processo di rinnovamento e ricostruzione politico-culturale-sociale che restituisca a Milano ed al Paese una sinistra ampia, radicata e capace di attivare e praticare processi di trasformazione. In questo processo la comunità di Rifondazione ha un ruolo importante e una responsabilità a cui non può sottrarsi.

Oggi in Rifondazione la discussione politica è spesso sostituita da un indefinito miscuglio di elaborazioni politiche, competizioni sugli organigrammi, composizioni di mosaici tra correnti...che diventano spifferi, ormai sfiorando il ridicolo di essere gruppetti statici ed autoreferenziali di fronte ad una società che muta e travolge e stravolge tutto ad una velocità altissima, soprattutto in una metropoli come Milano.

In Rifondazione l’esigenza di costruire progetti che ci accomunino nel senso di essere comunità pare essere patrimonio condiviso da ampi strati di militanti e simpatizzanti dell’organizzazione (come dimostra anche la recente conferenza di organizzazione provinciale del PRC) ma permangono ampi limiti di tipo politicista o di difesa identitaria o peggio micro-identitaria.

In questa fase all’elaborazione di teorie più o meno alte è imprescindibile affiancare la concretizzazione di queste idee, la realizzazione di esempi, di pratiche innovative.

Qui sta uno dei nodi della problematica fase che stiamo affrontando: di fronte all’offensiva dell’antipolitica, all’offensiva delle formule normalizzatrici, abbiamo da affrontare stati di disillusione, sfiducia, rinuncia a qualsiasi idea di alternativa.

Per questo dobbiamo avere la capacità di trasformare la politica in atti concreti, percepibili e comprensibili da parte delle masse.

Oggi non siamo in grado di fare la politica della concretezza, una politica che sappia coinvolgere chi non ne può più di discussioni fini a se stesse e che riconosce perfettamente che la discussione o il dibattito che non sono accompagnati da sperimentazione concreta, dall’attivazione delle mani a fianco dell’intelletto, produce livelli di analisi facilmente bassi e disarticolati dalla dimensione concreta con la quale dovrebbero misurarsi.

Dobbiamo fare qualcosa di sinistra, un soggetto di sinistra... Ma come si fa sinistra?

Qualche risposta in più verrebbe forse riconoscendo e vivendo questa fase che mette in discussione elementi chiave del vivere comune e del fare politica. Con la scomparsa della sinistra politica siamo a rischio di lasciare un vuoto che sarebbe presto riempito dall’opzione normalizzatrice del PD … infatti i vuoti in politica non esistono.

Nel corso degli anni il percorso della Rifondazione Comunista e lo stare nei movimenti sociali ci ha permesso di sviluppare un’evoluzione comunitaria del nostro essere uomini e donne politici. Sono state elaborate le scelte da compiersi per essere attori politici di strada, dentro la comunità. E’ stata determinata la volontà di essere portatori di una cultura del fare politica rinnovata, che cercasse di porre rimedio ai non pochi problemi causati da un approccio ortodosso al fare politica ed da una tendenza egemonica che abbiamo imparato a “ cambiare”. Cambiano i tempi, cambiano le fasi ed è così che si incrociano e contaminano culture plurali.

Tutto questo l’abbiamo fatto perché convinti della giustezza delle nostre idee e della forza della nostra causa, ora dobbiamo saper attingere dal nostro percorso per trovare la forza di camminare insieme noi e altri con noi per organizzare delle alternative di società qui e ora.

Il nostro mettere nero su bianco riflessioni, idee, aspirazioni rispetto all’organizzazione di cui facciamo parte è un’iniziativa che parte dall’essere e voler essere militanti, attivisti. La spinta viene anche dalla percezione, dolorosa, del fatto che non siamo in grado insieme ai nostri compagni di cammino di creare un’iniziativa politica che sia incisiva e di largo respiro, pur vedendo intorno a noi molte energie, disponibili ma che ancora restano tra loro scollegate.

Per questo bisogna aprire una vera discussione politica. La questione valoriale deve essere sollevata, la politica di elaborazione deve tornare al centro.

Dobbiamo occuparci del partito, certo! Anche! ma per parlare di principi, idee e progetti, non di nomi, di organismi, di più o meno correnti. Perché idee innovative incidano sul modo di agire e di organizzarsi della comunità del partito e della comunità di cui il partito fa parte.

Dobbiamo pensare e organizzarci, avendo ben presente cosa vogliamo:

· Vogliamo guardarci indietro e poi avanti, perché la comunità politica che ha condiviso il percorso della Rifondazione ha oggi a disposizione un bagaglio di valori, elaborazioni ed esperienze che sono la base per far partire il percorso di riunificazione di una Sinistra nuova, ma anche, e non meno importante, sono la base del modo con cui relazionarci ad altri attori di un progetto per un’Alternativa di Società.

· Vogliamo che il partito sia un luogo da cui idee e cultura comunista e culture diverse vengano messe a frutto per fare della politica concretezza, capacità di parlare e di ascoltare bisogni e idee dei cittadini.

· Vogliamo che l’organizzazione infonda una fiducia nei suoi attivisti tale da poter essere attori e costruttori di collettività in cui sia possibile fare progetti in regime di stretta cooperazione tra culture diverse e intenti comuni.

· Vogliamo che l’iniziativa politica sia intrapresa con spirito e pratiche radicali e nonviolente. Vogliamo che la non violenza serva come modo di operare e di mettersi in relazione ad una comunità ampia, diversificata, in cui le differenze diventino valore e non ostacoli. E ricordiamoci che i compagni e le compagne non sono ostacoli da abbattere ma risorse da coinvolgere, e che idee diverse e diversi modi di fare, pensare, organizzare e comunicare non sono contro qualcosa o qualcuno, ma per costruire e valorizzare. Vogliamo essere nonviolenti e rivendicare che i Partigiani hanno fatto bene a combattere il Fascismo. Nonviolenti perché il relazionarsi nonviolento è alla base di ogni dinamica comunitaria partecipativa, serve per conoscersi meglio, serve per fare l’unità della sinistra. Vogliamo una politica basata sulla nonviolenza perché serve a capire come affrontare il difficile tema del potere e di come si pratica, serve per avere un’idea del potere diversa da quella dominante. Vogliamo non meno di tutto il resto che la nonviolenza sia un modo di essere che sappiamo articolare fin nel più piccolo particolare del fare politica insieme, in modo concreto, adottando tecniche e modi innovativi, sapendo sperimentare ma anche scardinare quello che non funziona.

· Vogliamo lavorare in e con reti sociali perché chi fa parte di un partito comunista sa che le risorse stanno nella società, nelle lavoratrici e nei lavoratori.

· Vogliamo che un’organizzazione come Rifondazione possa pensare progetti di discussione, aprire spazi di confronto, creare la rete che non siamo stati in grado, noi tutti della Sinistra, di mantenere dopo la fase di piena dei movimenti. Ora che il fiume in piena è diventato un Delta di rivoli, spesso carsici, questi rivoli nella società portano iniziativa socio-economica oltre che politica con grandi risultati e vanno conosciuti e riconosciuti, attraversati, per confrontarsi, proporre, imparare.

· Vogliamo una comunità organizzata che capisca come le forme d’iniziativa para-politica hanno uno spessore politico fondamentale.

· Vogliamo un’organizzazione permeabile, attraversabile e capace di offrire ricchi contenuti e riflessioni. Nel 2007 per fare politica serve un’organizzazione che sia in grado di lavorare mettendo a frutto le competenze di ogni nodo della rete, e di tenere i ritmi con la vita sociale ed economica e con i tempi della politica, ma soprattutto della società.

· Vogliamo diventare una comunità in grado di essere attore di forme di conflitto che mettano in evidenza come in Democrazia il conflitto sociale nonviolento è cosa positiva perché ha obiettivi di miglioramento delle condizioni di vita, pone proposte concrete che dimostrano la risolvibilità dei problemi, è forte della positività di essere pacifici. È un fattore positivo perché è un processo che cerca una sintesi in quanto parte integrante di un regime democratico.

La politica a sinistra è in moto, è evidente, dovrebbe però essere in movimento.

La nostra cultura, il creare iniziativa, il dare risposte, il relazionarsi con altre idee, con altri progetti e con altre culture crea una politica in movimento. Movimento inteso come confronto, proposta, risultati.

Riunirsi deve significare elaborare - criticare - costruire.

Costruire vuol dire partecipare e soprattutto permettere a tutti e a tutte di partecipare, organizzare, fare iniziativa, portare avanti idee e progetti, confrontandosi con tutte le realtà interessate, pianificando risultati veri e concreti, senza rifiutare che ognuno senta la sua identità, ma capaci di riconoscerci insieme in quello che proponiamo, che costruiamo.

Si è aperta una fase a cui vogliamo partecipare portando le nostre esperienze diverse e la nostra disponibilità a metterci in discussione.

Vogliamo partire dalle nostre soggettività e percorsi per metterli in comune rispettando i ruoli e le identità di tutti/e. Vogliamo aprire uno spazio di discussione e di intervento nell’area metropolitana milanese.

Rifondazione, o forse meglio la sinistra di alternativa e radicale, a Milano e Provincia non può rassegnarsi ad essere una presenza inessenziale e in alcuni casi residuale.

Siamo compagne e compagni iscritti e non a partiti politici, abbiamo esperienze di militanza e attivismo, percorsi diversi che si sono tutti incrociati nella campagna sull’Art.18, per la difesa della Costituzione, nelle manifestazioni per la pace, a Genova nel 2001. Ripartiamo da lì conservando il patrimonio accumulato in tutti questi anni. Ripartiamo sapendo che il movimento ha permeato la politica per una lunga fase e che oggi è necessario un nuovo scatto della politica che sappia mettere a valore quel patrimonio e quelle esperienze.

Non siamo e non vogliamo essere più che compagni affini per la condivisione della volontà di essere proattivi, affrontare il problema, agire sperimentazioni. Non saremo mai una nuova corrente che si aggiunge alle troppe esistenti nella sinistra milanese e che in qualche caso fanno riferimento ad esperienze oramai abbondantemente alle spalle di tutti e spesso sconfitte. Rivendichiamo la necessità di meticciato tra esperienze e storie, sentimenti e culture, perché è una ricchezza se gli intenti sono comuni.

Ci troviamo per superare, scardinare questa idea delle microidentità che si autolegittimano nella lotta per l’egemonia su una struttura che rischia di scomparire, idea che spesso degenera nel peggior istituzionalismo e/o nel personalismo.

La sinistra ha bisogno di tutti e di tutte. Nessuno deve sentirsi estraneo o escluso, nessuno deve sentirsi nella necessità di ritagliare il proprio orticello identitario per essere ascoltato.

Abbiamo bisogno di innovazione. Non cerchiamo mete predeterminate, camminiamo insieme domandando e facciamo dell’innovazione e della sperimentazione il nostro faro guida.

Abbiamo bisogno del protagonismo di una nuova generazione di quadri, di dirigenti, di militanti e di attivisti.

Non può esistere una nuova sinistra che si riduca alla sommatoria di ceti politici preesistenti.

Abbiamo bisogno di democrazia. Democrazia diffusa, praticata e partecipata. Democrazia di ascolto e di confronto.

Abbiamo soprattutto bisogno di umiltà sapendo che non è semplicemente riproponendo come in un gioco stantio quello che sappiamo fare e che abbiamo già fatto che potremmo uscire da questa situazione di estrema difficoltà.

È per questo che volgiamo riunirci, in una discussione tra pari, libera e franca, in cui si metta a nudo il travaglio di non avere una progettualità politica di comunità.

Non vogliamo piangerci addosso, rifiutiamo questa logica, per far così si può rimanere tutti a casa propria. Vogliamo una discussione insieme per cercare questa progettualità e attraverso essa scoprire forme innovative di fare una comunità proattiva, aperta e attraversabile, ricca per l’elaborazione quanto per la capacità, concreta, di iniziativa.

Vogliamo essere a disposizione, con le nostre forze e le nostre idee della Sinistra che verrà.

Vogliamo fare politica! Insieme!

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